L’Universale editore


Mi sento male, portatemi a Napoli

Cinquantatrรฉ anni fa, il 15 aprile 1967, Totรฒ, il principe della risata, si spense nella sua casa romana alle 3:20 del mattino. La sua salma arrivรฒ nella cittร  partenopea due giorni piรน tardi.

Roma, 13 aprile 1967. Nelle polverose strade della capitale, una potente Mercedes si muoveva a fatica in mezzo al traffico. Mentre lโ€™autista Carlo Cafiero affondava il pedale dellโ€™acceleratore dopo aver trovato un varco libero il passeggero, Totรฒ, confidava allโ€™amico che lo accompagnava a casa: “Cafie’, non ti nascondo che stasera mi sento una vera schifezza”. Ad attenderlo a casa cโ€™era Franca Faldini, sua compagna da quattordici anni. Totรฒ si sdraiรฒ sul letto. Venne chiamato il medico, mentre dei forti dolori allo stomaco lo costrinsero a stare immobile, sdraiato a pancia in su, con dei grandi cuscini che gli tenevano le gambe alzate. Il medico gli somministrรฒ dei medicinali e gli raccomandรฒ di stare tranquillo. Trascorse l’intero pomeriggio del 14 aprile in casa, a parlare con Franca dell’estate che sopraggiungeva, del film che aveva iniziato a girare in quei giorni, โ€œIl padre di famigliaโ€ di Nanni Loy, e del desiderio di godersi le vacanze a Napoli, sopra Posillipo. A sera consumรฒ una minestrina di semolino e una mela cotta, poi i primi sintomi: tremore e sudore.

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“Ho un formicolio al braccio sinistro” mormorรฒ pallidissimo. Franca capรฌ subito: il cuore non reggeva piรน. Fu avvertita la figlia Liliana, il medico curante, il cardiologo professor Guidotti, il cugino Eduardo Clemente. Totรฒ si stava spegnendo. Gli furono somministrati dei cardiotonici, ma le condizioni non migliorarono. Ebbe tre infarti in due ore. La stanza era affollata e tutti osservavano increduli il principe della risata che piano piano se ne stava andando. Alle due di notte si svegliรฒ e rivolgendosi al cardiologo disse: “Professoโ€™, vi prego lasciatemi morire, fatelo per la stima che vi porto. Il dolore mi dilania, professoโ€™. Meglio la morte”. Poi, rivolgendosi al cugino Eduardo: โ€œEduaโ€™, Eduaโ€™: mi raccomando quella promessa. Voglio morire a Napoliโ€. Le ultime parole furono per Franca: “T’aggio voluto bene, Franca. Proprio assai”. Poi, con un filo di voce, sospirรฒ: โ€œRicordatevi che sono cattolico, apostolico e romanoโ€. Si spense. Erano le 3:20 del 15 aprile 1967.

Piero Guerriero

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