L’Universale editore


Il Secolo d’Italia e la campagna di stampa contro “La dolce vita” di Fellini

Non tutti, nel 1960, apprezzarono l’opera di Fellini e Flaiano; sia da destra che da sinistra, “La dolce vita” veniva definita un oltraggio allโ€™Italia e a Roma.

Nel 1960 il Secolo d’Italia si contraddistinse per una campagna di stampa contro La dolce vita, il piรน famoso film di Federico Fellini. Nonostante il regista per la figura del protagonista, interpretato da Marcello Mastroianni, si fosse in parte ispirato a un giornalista di destra (e futuro cineasta) come Gualtiero Jacopetti e malgrado il film fosse piaciuto (e molto) a uomini non certo di sinistra come il cardinale di Genova, Giuseppe Siri, e al giornalista piรน famoso dโ€™Italia, Indro Montanelli, il Secolo fu davvero virulento, accodandosi alla stessa reazione che anche i comunisti provavano nei confronti dellโ€™opera felliniana. โ€œSacrosanti i fischi a Milanoโ€ si leggeva il 7 febbraio sulla prima pagina del giornale, in quella fase condiretto a tre da Giorgio Almirante, Franz Turchi e Filippo Anfuso, con unโ€™ampia spalla di prima intitolata โ€œVergogna! La dolce vita di Fellini รจ un oltraggio allโ€™Italia e a Roma: lo si ritiri dalla circolazioneโ€. E nellโ€™articolo si poteva leggere: โ€œQuesto film attentato, questo film menzogna, questo film laido รจ passato tra le maglie della nostra stranissima censura: noi speriamo che le distratte autoritร  lo tolgano dagli schermiโ€.

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Il Secolo era in questa campagna in compagnia di testate come Il Popolo e Lโ€™Osservatore Romano, che traboccavano di editoriali e corsivi contro il capolavoro felliniano, inaugurando una tendenza che emergerร  piรน avanti nella demonizzazione della contestazione studentesca. Oltretutto, nellโ€™archivio di Giulio Andreotti, nel fascicolo Fellini, รจ stata recentemente rinvenuta una lettera del fondatore del quotidiano, Franz Turchi, indirizzata allโ€™allora ministro della Difesa del secondo governo Segni: โ€œCaro amico โ€“ scriveva il senatore missino ad Andreotti โ€“ avrai seguito indubbiamente, sulle colonne del Secolo, lโ€™attacco massiccio a noi portato allโ€™ultimo film di Fellini, prevedendo e precedendo le violente reazioni della parte piรน eletta della stampa e di larghi strati dellโ€™opinione pubblica. Gradiremmo anche un tuo giudizio sul film da pubblicare sul Secolo col giusto rilievo, nella certezza di poter fare assegnamento sulla tua collaborazione in una crociata che riteniamo sacrosantaโ€ฆโ€.

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Ma Andreotti, intelligente, non rispose. Sarร  poi Fellini a vendicarsi dei suoi detrattori due anni dopo, mettendo in tutta evidenza una copia del Secolo dโ€™Italia in mano a Antonio Mazzuolo, il protagonista di Le tentazioni del dottor Antonio, uno dei quattro episodi del film Boccaccio โ€™70. Sceneggiato dal regista riminese insieme agli stessi autori de La dolce vita, Ennio Flaiano e Tullio Pinelli (tuttโ€™altro che due marxisti o due uomini ideologizzati), lโ€™episodio racconta di un moralista intransigente (interpretato da uno straordinario Peppino De Filippo e ispirato allโ€™allora democristiano di destra Oscar Luigi Scalfaro) che si dร  un gran da fare per far togliere un grosso cartellone pubblicitario, posto proprio dinnanzi alle finestre di casa sua, sul quale campeggia l’immagine gigante di Anita Ekberg, che era poi la diva de La dolce vita. Ossessionatone, il dottor Antonio vive negli incubi, attratto sessualmente dalla stessa immagine che vorrebbe censurare. Il personaggio trascorre le sue serate a stanare le coppie appartate nei parchi al grido di: โ€œSiamo a Roma, faro di civiltร ! E voi la rendete un postribolo!โ€.

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Evidente il riferimento ai toni della campagna del Secolo ma anche a un episodio di cronaca legato allโ€™allora onorevole democristiano Scalfaro, che era stato anche uno di quelli a scrivere contro La dolce vita. Fellini e Flaiano avevano infatti in mente di quando, una sera a Roma, una donna, Edith Mingoni Toussan, a causa dellโ€™eccessivo caldo si era tolta al ristorante il maglione che le copriva le spalle. A quel punto lโ€™onorevole Scalfaro aveva attraversato tutta la sala e, accecato dallโ€™abbigliamento โ€œsconsideratoโ€ della donna, le intimรฒ di ricoprirsi, qualche giornale parรฒ pure di uno schiaffo alla donna. E lโ€™episodio terminรฒ in questura con una querela della Toussan, che paradossalmente era anche una militante del Msi. Prima il padre della donna, che era un generale dellโ€™aeronautica in pensione, e poi il marito della signora, sfidarono pubblicamente a duello Scalfaro che respinse la sfida in quanto contraria alla morale cattolica. E alla fine Totรฒ, con una lettera aperta sui giornali,accusรฒ Scalfaro di codardia e viltร โ€ฆ E ricordando che Totรฒ simpatizzava con la destra monarchica tutta la storia fa esplodere con tutta evidenza tutte le contraddizioni della destra dโ€™allora (e forse anche di oggi) che cerca sempre di cavalcare le campagne presunte moralistiche col solo risultato di alienarsi le simpatie del suo di mondo.

Luciano Lanna

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