Il caso Sacco e Vanzetti
By L'Universale / Agosto 22, 2020 / Nessun commento / CULTURA, STORIA E CULTURA
Novantatré anni fa, il 23 agosto 1927, due emigranti anarchici italiani, il pugliese Nicola Sacco e il piemontese Bartolomeo Vanzetti vennero ingiustamente condannati alla sedia elettrica nel penitenziario di Charlestown, negli Stati Uniti. Fu a loro fatale un dossier apocrifo, il quale riportava delle false accuse di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio «Slater and Morrill».
I due emigranti anarchici italiani, il pugliese Nicola Sacco, nato a Torremaggiore in provincia di Foggia nel 1891 e il piemontese Bartolomeo Vanzetti, nato a Villafalletto in provincia di Cuneo nel 1888, furono processati negli Stati Uniti e giustiziati dopo un rapido processo il 23 agosto 1927, quando l’Italia era già governata da cinque anni da Benito Mussolini. Sacco di professione faceva l’operaio in una fabbrica di scarpe mentre Vanzetti, che gli amici chiamavano Tumlin, dopo aver girovagato a lungo negli Stati Uniti aveva rilevato da un altro italiano un carretto per la vendita del pesce. Fece questo lavoro per pochi mesi. I due vennero arrestati, processati e condannati alla sedia elettrica con l’accusa di aver ucciso un contabile e una guardia del calzaturificio “States and Morrill” di South Barintree. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all’epoca del processo e a nulla valse la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros che scagionava i due italiani.
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Cinquant’anni dopo, il 23 agosto 1977, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti. Nicola Sacco arriva a Boston con la motonave “Romanic” e giunge il 12 aprile 1909; Bartolomeo Vanzetti arriva a New York sulla nave “la Provence” il 19 giugno del 1908 e ha solo vent’anni. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento per alleggerire il carico di dolore che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America. Sacco trovò lavoro in una fabbrica di calzature e nel 1912 sposò Rosina Zambelli, con la quale andò ad abitare in una casa con giardino ed ebbe un figlio, Dante, e una figlia, Ines. Lavorava dieci ore al giorno e sei giorni alla settimana. Nonostante ciò partecipava attivamente alle manifestazioni operaie e in tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività fu arrestato nel 1916.
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Vanzetti era primogenito di quattro figli di Giovan Battista Vanzetti, modesto proprietario terriero e gestore di una piccola caffetteria. Pur non vivendo in ristrettezze economiche a spingerlo ad emigrare negli Stati Uniti furono la morte dell’amata madre e probabilmente una consuetudine familiare (anche il padre era emigrato per alcuni anni in California). Lavorò in varie trattorie, in una cava in un’acciaieria e in un fabbrica di cordami. Più tardi si mise in proprio facendo il pescivendolo. Fu in quell’anno, il 1916, che Sacco e Vanzetti si conobbero ed entrarono a far parte di un gruppo anarchico italo-americano. Allo scoppio della prima guerra mondiale o poco dopo, a quanto pare, fuggirono in Messico e ritornarono negli Stati Uniti a guerra finita, ma non seppero di essere stati inclusi in una lista di sovversivi, così come di essere pedinati da agenti segreti degli Stati Uniti. Trovati entrambi in possesso di rivoltelle furono arrestati e accusati anche di una rapina avvenuta a South Braintree, soccorso di Boston, poco prima del loro arresto. Era un periodo in cui c’era nella polizia e nell’opinione pubblica americana una forte paura dei comunisti come degli immigrati europei di incerta provenienza e per quanto Sacco e Vanzetti non fossero per nulla comunisti erano conosciuti dalle autorità locali come militanti radicali coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.
Nicola Tranfaglia
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