Il tuo carrello è attualmente vuoto!
L’epopea di Serdica: una nuova capitale per l’Impero romano (seconda parte)
Da Costantino e la diffusione del cristianesimo alla fine dello splendore e dell’efficienza di Serdica, distrutta nel 448 dalle truppe di Attila.
Costantino, l’ultimo sovrano in grado di esercitare un dominio assoluto sulle due parti dell’Impero romano, amava soggiornare nella città che considerava una sua “creatura”. L’aveva infatti ricostruita ed arricchita di grandiosi monumenti come la Rotunda Sveti Georgi, tuttora in piedi e la basilica di Hagia Sophia. Si disse che avesse pure detto “Serdica è la mia Roma”.
Vere o false che fossero queste parole, per Costantino, che non amava l’Urbe ed i suoi intrighi, Serdica doveva ricordare la sua giovinezza trascorsa in mezzo ai Balcani. Soggiornava spesso nella città. Le ragioni forse non erano solamente sentimentali. Al tempo delle guerre dei romani contro i sarmati, Serdica rispetto a Mediolanum e Sirmium si trovava in punto strategico migliore: non troppo lontana dal limes danubiano, ma nemmeno troppo vicina da rischiare il pericolo di un attacco immediato.
Fu sempre qui che nel 317 Costantino I e il suo collega Licino nominarono “Cesari” i rispettivi figli, Crispo, Costantino II e Liciniano. Nel IV secolo d.C. la civiltà romana si stava progressivamente decadendo. I barbari premevano sui confini, la popolazione diminuiva, l’economia ristagnava. Solo la parte orientale dell’impero pareva non risentire della crisi generale. L’antica Serdica seppe trarre beneficio da questi due cambiamenti epocali che stavano ridisegnando il mondo antico.
Alla fine Costantino scelse Bisanzio come nuova capitale di quell’Impero cristiano che egli che stava ridisegnando. L’ubicazione ottimale dal punto di vista commerciale e difensivo, l’avevano resa l’opzione preferibile. Tuttavia, si può pensare che Serdica possa essere stata il laboratorio nel quale l’imperatore, aveva posto le basi per la saldatura ideale tra il potere imperiale e la religione monoteista.
Dopo la morte di Costantino Serdica divenne sede di un Concilio ecumenico riunito nel 343 d.C. su decisione degli imperatori Costante I e Costanzo II. Fu ribadita la condanna alle tesi di Ario sulla natura di Cristo, ma il Concilio, che poteva contare sulla presenza di figure di spicco come Atanasio (santo e dottore della chiesa) fu ridimensionato dalla presenza di un altro Concilio concorrente tenutosi nella vicina Filippopoli (oggi Plovdiv) che causò numerose assenze tra i vescovi.
Negli anni successivi a Serdica soggiornarono oltre a Costanzo II, gli imperatori Valentiniano e Valente, a dimostrazione del ruolo ancora importante esercitato dalla città nella “pars orientalis”. Sul finire del IV secolo, i Goti, incalzati dagli Unni, sfondarono il limes danubiano nei pressi di Durostorum (odierna Silistra, in Bulgaria). Fu l’inizio di una guerra che avrebbe segnato il lungo ed inesorabile crollo del mondo romano.
Anche per Serdica cominciò la parabola discendente. Distrutta nel 448 dalle truppe di Attila, il cronista bizantino Prisco di Panion, la descrisse come un cumulo di rovine in mezzo alle quali sopravviveva qualche abitante. La ricostruzione della città sotto il regno di Giustiniano I sarà deleteria. Un violento terremoto prima ed, infine, l’assedio ed il saccheggio di Serdica ad opera del khan dei Bulgari Krum porranno la parola fine alla piccola, ma grandiosa capitale.
Con il ritiro dei bizantini la città si “slavizzerà” cambiando il suo nome in Sredets. Perse importanza, fino a quando non fu conquistata dai bizantini, i quali la rinominarono Triaditsa. La successiva riconquista ad opera dei Bulgari, darà alla città il nome con il quale è tutt’oggi conosciuta: Sofia, in onore alla divina sapienza.
* * *
Oggi Sofia è una capitale in espansione nella quale per trovare le sue bellezze occorre faticare, facendosi largo tra edifici fatiscenti e palazzoni di eredità socialista. Bisogna aguzzare la vista e – perché no? – perdersi tra le vie di questa città che giorno dopo giorno si rivela sorprendente. Solo allora essa mostrerà intatto l’antico spirito di quella che Costantino chiamò la sua Roma.
Stefano Carta
L’Universale è un giornale gratuito. Se vuoi sostenerlo con una piccola donazione clicca qui.
Qui, la prima parte.