L’Universale editore


Un libro al giorno: Un carciofino sott’odio, il mondo di Leo Longanesi

Nellโ€™Italia del dopoguerra tutti cercarono di crearsi una nuova verginitร  e nessuno voleva ammettere la propria militanza nel fascismo. Tranne l’uomo che fece la fronda al passato regime dall’interno: il giornalista Leo Longanesi.

Dopo lโ€™8 settembre lโ€™Italia si trovava tragicamente spaccata in due; il re, col suo governo, scappรฒ verso Sud, scortato fino a Brindisi dagli Alleati angloamericani appena sbarcati in Puglia, mentre i carri armati tedeschi entravano minacciosamente a Roma. Tutti, in quelle tragiche ore, si trovavano costretti a fare i conti col proprio passato; chi si era compromesso col governo Badoglio, con gli antifascisti e con la monarchia sentiva di essere in grave pericolo: โ€œPer quanto riguarda lโ€™Italia, ci sarร  una terribile lezione per tuttiโ€, dirร  Hitler per radio. Su tutti si agitava un clima di profonda incertezza e i treni diretti verso il Sud liberato faticavano a contenere chi aveva paura di temere qualcosa. Tra questi uomini cโ€™era anche Leo Longanesi.

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Lโ€™autore del โ€œVademecum del perfetto fascistaโ€, lโ€™uomo che coniรฒ il motto โ€œMussolini ha sempre ragioneโ€ e che scrisse i piรน riusciti slogan di propaganda del regime come โ€œTaci, il nemico ti ascoltaโ€, era in fuga dai nazifascisti. Longanesi ormai da tempo perse la fede verso il regime e nei suoi giornali la fronda, lโ€™anticonformismo e la satira verso lโ€™imponente retorica che il MinCulPop aveva eretto faceva la stecca alle disposizioni della propaganda. โ€œUn giorno raccontรฒ dโ€™essere diventato antifascista in tram, guardando il didietro di un console della milizia in piedi davanti a luiโ€, scriverร  Indro Montanelli. La sua adesione al fascismo fu della prima ora, ma questa avvenne quando il regime non aveva inutili ambizioni imperiali, non inneggiava alla superioritร  della stirpe e, soprattutto, non intendeva sostituire le vecchie tradizioni italiane con quelle costruite ex novo sullโ€™uomo nuovo fascista. Il fascismo di Longanesi era quello della sua Romagna, era quello anarchico del nonno Leopoldo Marangoni, era quello delle cose fatte in casa e di Strapaese, movimento culturale e letterario che proponeva la continuazione delle tradizioni paesane, la valorizzazione del territorio nazionale e lo spirito patriottico che i reduci della prima guerra mondiale avevano ereditato da Gabriele Dโ€™annunzio. Era quel fascismo che riprendeva lo spirito anarchico del Mussolini di quegli anni: โ€œVoi siete anarchico, siatelo per molti anni finchรฉ potete. รˆ una ricetta per restare giovaniโ€, gli disse una volta Mussolini mentre passeggiavano sulla spiaggia di Cesenatico. E Longanesi, anarchico e conservatore allo stesso tempo, questโ€™uomo dellโ€™Ottocento cresciuto leggendo Sorel e Rimbaud in quellโ€™8 settembre si trovรฒ in mezzo a due fuochi. Da una parte i fascisti, i quali lโ€™accusavano per il suo antifascismo, dallโ€™altra gli antifascisti, che lo accusavano per la militanza alle attivitร  del regime.

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Trovรฒ rifugio a Napoli e lo sconforto affiora dal suo diario: โ€œNoia, delusioni, miseria, pioggia, luce di candele e odor di cavoli fatti in casa. Rifarsi una vita in condizioni cosรฌ poco favorevoli, fra stranieri stupidi e orgogliosi, che giudicano tutti gli italiani ladri e ruffiani, non รจ cosรฌ facile, soprattutto a quarantโ€™anni, quando non si crede piรน con estrema forza ai grandi ideali, e soprattutto quando questi ideali non ci sono. Passiamo i giorni in casa a chiederci: โ€œChe cosa faremo?โ€โ€. Nellโ€™Italia del dopoguerra tutti cercarono di crearsi una nuova verginitร  e nessuno era mai stato fascista. Montanelli raccontรฒ che, allโ€™arrivo di Longanesi a Milano nel giugno del โ€™45, il giornale โ€œLโ€™Italia Liberaโ€ ospitava un trafiletto nel quale si deplorava che Longanesi non avesse fatto in tempo a giungere nel capoluogo lombardo per essere appeso per i piedi alla famosa pompa di benzina di piazzale Loreto. Scrive Montanelli: โ€œIl caso volle che proprio lโ€™indomani incontrasse lโ€™incriminato. Sโ€™era in un pubblico locale di Montenapoleone, infestato anche quello di partigiani. E il poveretto, entrando, rimase disorientato quando si trovรฒ di fronte a Leo, che gli puntava il dito accusatore. E di colpo, saltando come un misirizzi su una sedia e additando agli istanti partigiani il malcapitato, proruppe in questo straordinario grido: โ€œรˆ un antifascista! Prendetelo!โ€โ€.

Stefano Poma

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