Insieme con Mallarmé e Verlaine è ricordato nella storia della letteratura come il “poeta maledetto” per eccellenza.

Jean Nicolas Arthur Rimbaud nasce a Charleville, una piccola città in Lorena vicina a Metz, al numero 12 di rue Napoléon. Suo padre era un ufficiale dell’esercito e sua madre apparteneva a una famiglia di proprietari terrieri. I suoi genitori si separano quando aveva sei anni. Visse con la madre Marie Catherine Vitalie de la Cuif di indole molto severa e ciò creò in Arthur un sentimento di rivolta e un desiderio di fuga. Per capire la personalità complessa di Rimbaud, bisogna innanzitutto mettere a fuoco il suo bisogno di rivolta, di opposizione assoluta e violenta contro la società e la cultura del suo tempo. La sua carriera folgorante avvenuta tra 14 e 20 anni rivoluziona l’idea della lingua e della poesia perché scommette tutto sui poteri della visione e del verbo. Iniziò a comporre poesie dall’età di 15 anni e diede vita alla corrente decadentista, fatta di simbolismi e di emozioni forti, scioccanti. In ciò trovò un modello insuperabile in Charles Baudelaire, che egli stesso definì il “primo veggente, il re dei poeti, un vero Dio”. La sua tormentata relazione con Paul Verlaine influenzò fortemente la sua produzione letteraria. In Rimbaud «lo sguardo poetico penetra attraverso una realtà coscientemente frantumata fin nel vuoto del mistero» scrive Hugo Friedrich. La sua opera è intimamente legata alla propria vita. Smetterà di scrivere a soli 20 anni, cercando di trovare un po’ di equilibrio nella sua vita. Colpito da un tumore al ginocchio torna in Francia per farsi curare ma muore a Marsiglia nel settembre del 1891 per le conseguenze dell’amputazione.

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