L’Universale editore


L’Almanacco de «Il Caffè»: 1900, a Parigi muore Oscar Wilde.

Geniale scrittore e commediografo.
Molto di più della persona stravagante che molti superficialmente conoscono.

Il 30 novembre 1900, a Parigi,  in rue des Beaux-Arts 13, all’età di 46 anni moriva di meningite, Oscar Fingal  O’Flahertie Wills Wilde, noto come Oscar Wilde . Un talento, un genio, un seduttore della parola. Irlandese, scrittore, poeta, drammaturgo, dandy, virtuoso dell’aforisma e del paradosso, omosessuale (ma anche marito e padre di due figli), Wilde prende a frustate un mondo da cui vorrebbe carezze. Sferzante, impertinente, narcisista, trasgressivo, sconveniente, fa sistematicamente il contrario di quello che il «politicamente corretto», o semplicemente il buonsenso, indurrebbero a fare. Il giorno prima della sua morte, fra lo stupore dei pochissimi amici rimasti al suo fianco, aveva chiesto di vedere un prete e si confessò. Al funerale – frettoloso, quasi clandestino – partecipano solo sette persone! Fu sepolto al cimitero “Père-Lachaise”. Sulla tomba l’epitaffio è sferzante e amaro proprio come molti suo aforismi: «Per gli esiliati esiste solo il pianto». L’anno prima aveva detto: «La vita non può essere scritta: può essere solo vissuta». La vita di Oscar Wilde, l’uomo che aveva ammesso di poter resistere «a tutto tranne che alla tentazione» e che a questa regola, lui impenitente trasgressore delle regole, si era sempre attenuto.
Massimo esponente dell’estetismo, sostenitore della libertà assoluta di ispirazione e di vita per l’artista, fautore del motto «Art for art’s sake» (cioè “l’arte è fine a se stessa”), dandy cinico e apparentemente edonista vive la tragedia della realtà, gioca e perde una partita più grande di lui.

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