L’Universale editore


Il terremoto di Messina del 1908

Centodotredici anni fa, il 27 dicembre 1908, un terribile terremoto rase al suolo il 90 percento di Messina.

โ€œSia male! Deve venire il terremoto che scelga le sue vittime, e che ammazzi voi e tutta Messinaโ€. Si dice che queste parole furono pronunciate la sera del 27 dicembre del 1908 da una donna, alla quale avevano arrestato il figlio, maentre malediceva la cittร  dello Stretto. La mattina dopo, il 28 dicembre, Messina, Reggio Calabria e i territori intorno alla zona dellโ€™epicentro, cambiarono volto, un volto che avrebbe segnato per sempre la loro storia. L’Osservatorio geodinamico e astronomico di Messina, scampato al sisma, rilevรฒ lโ€™ora della prima scossa: le 5:20’27”. Di intensitร  pari al 10ยฐ grado della scala Mercalli (che ne ha 12), il sisma uccise, si stima, fra le cinquanta e le centomila persone su entrambe le coste dello Stretto. Il 90 percento di Messina fu raso al suolo: case, chiese, caserme, ospedali, strade, ferrovie. Alle prime ore del mattino, il resto del mondo, a parte i pennini di molti sismografi europei e nordamericani che rilevarono la scossa senza riuscire a localizzarla precisamente, non sapeva ancora nulla di quanto accaduto. Solo nel pomeriggio del 28 una delle imbarcazioni militari presenti a Messina, la Spica, riuscรฌ, dopo essere uscita a fatica dal porto invaso dai detriti e aver finalmente raggiunto Marina di Nicotera, in Calabria, a mandare un telegramma a Roma.

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Il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti aveva ignorato il pericolo, come scrisse il corrispondente del ยซTempoยป Claudio Treves: โ€œGiolitti esclamรฒ: Attendete prima di dare la notiziaโ€. Disse ai giornalisti, prudente o seccato, che quella scossa non voleva prenderla sul serio: โ€œQualcuno ha confuso la distruzione di qualche casa con la fine del mondo”. Mise in moto lโ€™organizzazione dei soccorsi, che giunsero nella mattinata del 29. Come succede in questi casi, si mobilitarono le massime cariche dello Stato. Il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena partirono per la cittร  distrutta, dove arrivarono la mattina del 30. Mentre il sovrano sbarcรฒ, a bordo della nave Slava la regina visitรฒ un ospedale dove furono ricoverati moltissimi superstiti. Anche diverse navi straniere che si trovavano nel Mediterraneo per motivi militari e commerciali si diressero verso lo stretto per prestare aiuto. Inglesi e russi furono i primi ad arrivare, anche prima degli italiani. Poi fu la volta di tedeschi, americani, francesi e spagnoli. Nei giorni successivi al sisma, il mare dello stretto si riempรฌ di centinaia di navi che portavano viveri, coperte, legname, generi di conforto di ogni tipo e braccia per scavare sotto le macerie, dove erano ancora intrappolate centinaia di persone. Dalle zone terremotate i feriti furono trasportati nelle cittร  vicine, ma anche a Napoli e a Roma.

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Alle prime luci dell’alba, tra i testimoni oculari dei soccorsi, cโ€™era anche un bambino di 7 anni, futuro premio Nobel per la letteratura: Salvatore Quasimodo. Nella poesia “Al padre” (1955-58) ricorderร : โ€œIl terremoto ribolle da due giorni, รจ dicembre dโ€™uragani e mare avvelenatoโ€. Il padre di Quasimodo, Gaetano, era infatti ferroviere e fu mandato, con la famiglia al seguito, a ripristinare le linee ferroviarie. Centootto anni dopo, i giornali dellโ€™epoca restituiscono oggi la voce dei testimoni: โ€œEro in letto allorquando sentii che tutto barcollava intorno a me e un rumore di sinistro che giungeva dal di fuori. In camicia, come ero, balzai dal letto e con uno slancio fui alla finestra per vedere cosa accadeva. Feci appena in tempo a spalancarla che la casa precipitรฒ come un vortice, si inabissรฒ, e tutto disparve in un nebbione denso, traversato come da rumori di valanga e da urla di gente che precipitando morivaโ€. A raccontare la sua esperienza allโ€™ยซAvanti!ยป era il futuro deputato Gaetano Salvemini, docente allโ€™universitร , che quella mattina perse la moglie, i 5 figli e una sorella. Fu lโ€™unico sopravvissuto della sua famiglia.

Giuseppe Ciraolo

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