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Dieci parole ed espressioni dantesche che usiamo ancora oggi
Articolo tratto dal primo numero de ยซIl Caffรจยป del dieci ottobre 2020.ย
Lโanno venturo occorrerร lโottavo centenario della morte di Dante Alighieri. Eppure, nonostante i secoli trascorsi, lโeco dellโoperato del poeta, in particolar modo della Divina Commedia, non ha ancora cessato di risuonare allโinterno della lingua italiana. Lโincidenza dellโopera dantesca sulla storia della lingua e della letteratura italiana non ha probabilmente uguali. Egli fu il primo a rivendicare, allโinterno del De vulgari eloquentia, la possibilitร dellโutilizzo della lingua volgare, in luogo di quella latina, per la stesura di opere dโalta letteratura e, dimostrando egli stesso la validitร della propria tesi attraverso la scelta del volgare fiorentino per la realizzazione del suo progetto piรน impegnativo, la Divina Commedia, diede vita ad unโopera che, in virtรน del grandissimo pregio letterario, godette di un enorme e pressochรฉ continuo successo nei secoli a venire. E non senza ripercussioni.
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Benchรฉ talvolta occorrano con un significato diverso da quello attuale, moltissime parole ed espressioni dellโitaliano attuale, infatti, sono presenti giร allโinterno della Divina Commedia; fra di esse, alcune sono state inventate, ovvero introdotte nellโuso, proprio da Dante stesso.
Per adattare la โlingua maternaโ alla enorme varietร di situazioni descritte allโinterno della Commedia, Dante esplorรฒ tutti i registri linguistici โ dando vita ad unโopera in cui convivono termini del lessico filosofico e vere e proprie parolacce! โ e non esitรฒ ad arricchire le possibilitร dโespressione del volgare fiorentino non solo attraverso prestiti linguistici (per lo piรน latinismi, ma sono molto frequenti anche provenzalismi e francesismi), ma anche per mezzo di veri e propri neologismi di propria invenzione. Molti sono i โdantismiโ, appunto quelle locuzioni create da Dante, ovvero affermatesi nellโuso grazie al successo dellโopera dantesca, ancora utilizzati, talvolta senza alcuna consapevolezza in merito alla loro origine, nella lingua italiana attuale. Ecco una selezione di dieci esempi.
Contrappasso. Il criterio del contrappasso regolamenta il sistema di punizioni nellโInferno e nel Purgatorio danteschi, secondo un rapporto di corrispondenza, per analogia o per opposizione, fra le pene alle quali sono condannati i peccatori nellโaldilร e le colpe da loro commesse nella vita terrena: il termine รจ stato accolto nella lingua italiana senza sostanziali mutamenti di significato, in quanto allude ad una conformitร tra errore compiuto e conseguente castigo. Nella Commedia, la voce occorre esplicitamente nella conclusione del canto XXVIII dellโInferno, quando Bertran de Born, anima di โseminatore di discordiaโ della IX bolgia dellโVIII cerchio, descrive la propria punizione (โPerchโio partiโ cosรฌ giunte persone/partito porto il mio cerebro, lasso!,/dal suo principio chโรจ in questo troncone./Cosรฌ sโosserva in me lo contrapasso.โ, vv. 139-142).
Inurbarsi, inurbamento. Non รจ affatto difficile incontrare la trattazione dellโinurbamento, cioรจ il fenomeno di afflusso di popolazione dalla campagna verso le cittร , allโinterno di saggi, articoli e manuali contemporanei; questo termine sembra avere, nonostante la connotazione quasi tecnica che ha nellโitaliano attuale, origine nella Commedia dantesca.
Nel canto XXVI del Purgatorio, infatti, proprio per mezzo del verbo inurbarsi รจ descritto lโingresso di un montanaro in cittร (โNon altrimenti stupido si turba/lo montanaro, e rimirando ammuta,/quando rozzo e salvatico sโinurba [โฆ]โ, vv. 67-69).
Molesto. Parola senzโaltro dโuso comune, anche lโaggettivo molesto, seppur con significato di โgravosoโ, โdifficileโ, piuttosto che con quello di โfastidiosoโ dellโuso odierno, ha quasi certamente fatto il proprio ingresso allโinterno della lingua italiana grazie allโopera di Dante Alighieri: esso ricorre diverse volte allโinterno dellโInferno (nel v. 27 del canto X Farinata degli Uberti afferma di essere stato โmolestoโ per la propria patria. Nel v. 108 del canto XIII le anime dei suicidi sono definite โmolesteโ da Pier della Vigna; nel v. 130 del canto XXVIII Bertran de Born descrive come โmolestaโ la pena alla quale รจ condannato) e una volta allโinterno del Paradiso (nel v. 130 del canto XVII, in riferimento alla stessa poesia di Dante).
Fertile. Un altro aggettivo introdotto da Dante allโinterno del volgare italiano con grandissimo successo รจ sicuramente fertile: nello specifico, il termine ricorre nel canto XI del Paradiso, allโinterno della descrizione della regione umbra, in riferimento al fianco occidentale del monte Subasio (definito โalto monteโ: โIntra Tupino e lโacqua che discende/del colle eletto dal beato Ubaldo,/fertile costa dโalto monte pende [โฆ]โ, vv. 42-45)
Galeotto fuโฆ Utilizzata oggi per lo piรน scherzosamente, lโespressione โgaleotto/a fuโ, ovvero โfu galeotto/aโ รจ adoperata in genere per indicare una persona (piรน raramente un oggetto o un evento) grazie allโintervento della quale รจ stata resa possibile la nascita di una relazione amorosa. Fra le piรน celebri citazioni dantesche, proviene dal V canto dellโInferno (v. 137), dove รจ pronunciata dallโanima di Francesca da Rimini: questโultima, infatti, mentre racconta a Dante la propria storia, riferisce al poeta che la propria relazione amorosa adultera con Paolo Malatesta, motivo per il quale la coppia fu uccisa e condannata a trascorrere lโeternitร nel cerchio dei lussuriosi, ebbe inizio durante la lettura di un passo di romanzo cavalleresco, nel quale la regina Ginevra, sposa di re Artรน, veniva baciata dal cavaliere Lancillotto โ da qui, lโimprecazione rivolta contro il โlibroโ, considerato origine di queste grandi sventure.
Bel paese. La definizione dellโItalia come โbel paeseโ, al giorno dโoggi oramai utilizzata soprattutto in senso ironico, รจ anchโessa una citazione della Divina Commedia (Inferno, XXXIII, 80: โdel bel paese lร dove โl sรฌ suonaโ).
Dolenti note. Con la locuzione โdolenti noteโ, spesso anche riformulato in โnote dolentiโ, si indicano, talvolta in tono scherzoso, i particolari piรน spiacevoli di una determinata situazione. Anche questโespressione proviene dal V canto dellโInferno (v. 25-26: โOr incomincian le dolenti note a farmisi sentireโ), dove in realtร รจ utilizzata da Dante per riferirsi alle urla dei dannati sofferenti.
Senza infamia e senza lode. โSenza infamia e senza lodeโ รจ la forma in italiano corrente del โsanza โnfamia e sanza lodoโ, utilizzato da nel III canto dellโInferno (v. 36) da Virgilio per descrivere a Dante gli ignavi, i dannati che, durante la propria esistenza terrena, non hanno mai agito nรฉ nel bene nรฉ nel male, senza mai seguire un proprio ideale.
Stare freschi. Nonostante possa sembrare quasi unโespressione del gergo giovanile, anche โstare freschiโ รจ una citazione della Divina Commedia! Dante infatti, nel verso 117 del XXXII canto dellโInferno descrive il lago ghiacciato di Cocito, sede dei traditori, come luogo โdove i peccatori stanno freschiโ.
Non mi tange. La locuzione โnon mi tangeโ, โรจ pronunciata da Beatrice nel canto II dellโInferno (v.93), per riferire a Dante il fatto che lei, in quanto anima del Paradiso, non possa essere danneggiata dalle fiamme infernali. Nellโuso corrente tuttavia, piรน che nel senso di โnon mi puรฒ far del maleโ, lโespressione รจ utilizzata intendendo โnon mi riguardaโ, โnon mi interessaโ.
Elisa Demartini
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E buona lettura.